Sentenza di Cassazione 26311/2019: Responsabilità Medici Specializzandi

Giunge l’esito del processo svoltosi in Cassazione relativo alla responsabilità medica di uno specializzando. La donna che ha reclamato il procedimento richiedeva un risarcimento da parte del proprio ginecologo, di una dottoressa specializzanda in medicina e della casa di cura in cui è stata ricoverata.

La donna si era dovuta sottoporre ad una procedura di amniocentesi praticata dal proprio medico curante, il quale, a causa di un impegno all’estero il giorno successivo, aveva affidato la paziente ad una specializzanda, indicandola come sua sostituta in caso di bisogno.

Allarmata dalle perdite di liquido amniotico, la donna si è prontamente rivolta alla giovane dottoressa che si è limitata alla prescrizione di iniezioni di gestone invece di procedere ad un controllo ecografico più approfondito e alla somministrazione di antibiotici a largo spettro.

Dopo l’insorgenza di febbre e perdite ematiche, la donna è stata ricoverata d’urgenza subendo un aborto e un considerevole deterioramento del suo stato di salute, fino ad un grave shock settico causa della successiva sterilità e insufficienza renale cronica nonostante i trapianti subiti.

La domanda della donna è stata inizialmente rigettata dal Tribunale di Roma sulla base della consulenza tecnica d’ufficio compiuta.

È stato quindi richiesto l’appello, accolto dalla Corte d’Appello di Roma, che è risultato nella condanna dei due sanitari e della casa di cura ad un risarcimento danni.

La questione tuttavia prosegue fino in Cassazione in seguito alle impugnazioni proposte dal medico, dalla specializzanda e dalla casa di cura, nonché dalle relative compagnie assicurative.

Responsabilità del medico specializzando e autonomia vincolata

In Corte di Cassazione si è dunque richiesto di stabilire se la responsabilità delle attività eseguite fosse del medico specializzando, ancora in fase di formazione, o se quest’ultimo non sia che un mero esecutore di direttive altrui, privo dell’autonomia decisionale necessaria per poter assumersi la responsabilità delle terapie poste in atto.

La Suprema Corte richiama l’orientamento affermatosi in ambito penale (Cass. Sez. IV Penale, sentenza 10 dicembre 2009, n. 6215 e sentenza 22 febbraio 2012, n. 6981) e ribadisce la responsabilità del medico specializzando in quanto la sua presenza in struttura non si limita alla mera formazione professionale. Lo specializzando non è da considerarsi come una presenza passiva, ma come soggetto in possesso di laurea in medicina e chirurgia che dispone comunque di una, seppur limitata, autonomia che non può essere negata.

A tal proposito si parla di autonomia vincolata: la responsabilità delle attività compiute dallo specializzando ricadono dunque sullo stesso. Nel caso in cui non sia o non si ritenga in grado di svolgere le attività richieste, è necessario che sia lo stesso specializzando a rifiutarsi di eseguirle; in caso contrario, sarà tenuto a risponderne a titolo di colpa per assunzione.

La sentenza di Cassazione 26311/2019 ribadisce che lo specializzando “non può essere considerato un mero esecutore d’ordini del tutore anche se non gode di piena autonomia.”

Questo determina che, seppure entro certi limiti, anche al medico specializzando in fase di formazione dev’essere riconosciuta una certa autonomia; d’altra parte tuttavia, ogni attività da esso svolta dev’essere monitorata dal tutore in carica.

In poche parole, il medico specializzando dispone di un’autonomia vincolata.

Questo significa che, qualora chiamato a svolgere un compito che non ritiene o non si ritiene in grado di svolgere, deve rifiutarne l’esecuzione. Nel caso non lo faccia, è tenuto ad assumersene le responsabilità.

In questo caso si parla di “ipotesi di colpa per assunzione” che, come ci ricorda la stessa Corte di Cassazione, si identifica nel soggetto che “cagiona un evento dannoso essendosi assunto un compito che non è in grado di svolgere secondo il livello di diligenza richiesto all’agente modello di riferimento”.

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